domenica 20 maggio 2007
venerdì 4 maggio 2007
Senza titolo n.1
dopo un video di Andrea Pochetti
Un viaggio tra incantamento allucinatorio e trasformazione coatta del punto di vista. Le immagini diventano complemento di un fare non quotidiano e segnali del non essere quotidiano.
Perché non riesco a distogliere lo sguardo e a spostare l’attenzione dal piccolo portachiavi che hai lasciato nella mia macchina? Nel viaggio immobile, quel piccolo oggetto è l’unico indizio di uno spostamento che non avviene né dentro né fuori di me. All’interno tutto è fermo come e più di una fotografia, ferme le ruote, fermo il il motore che non smette di cigolare.
Tutto è fermo anche il faro rosso che allontana da sé il pontile sotto un ritaglio di mare.
Sfila la nave che esce dal porto in un moto apparente costretto a concedersi più volte tra brevi pause Tutto è teatro, tutto è messa in scena, tutto è una quinta alla stregua dei personaggi/sagome che stazionano sul ponte della nave. È un universo contratto che non vuole uscire da sé perché non è possibile. La luce del faro gira, percorre, nello strazio, un viaggio indagatore ma l’esplorazione non conduce a niente di nuovo. Del tentativo di uscire non resta che tremore, fatica e frustrazione.
Un viaggio tra incantamento allucinatorio e trasformazione coatta del punto di vista. Le immagini diventano complemento di un fare non quotidiano e segnali del non essere quotidiano.
Perché non riesco a distogliere lo sguardo e a spostare l’attenzione dal piccolo portachiavi che hai lasciato nella mia macchina? Nel viaggio immobile, quel piccolo oggetto è l’unico indizio di uno spostamento che non avviene né dentro né fuori di me. All’interno tutto è fermo come e più di una fotografia, ferme le ruote, fermo il il motore che non smette di cigolare.
Tutto è fermo anche il faro rosso che allontana da sé il pontile sotto un ritaglio di mare.
Sfila la nave che esce dal porto in un moto apparente costretto a concedersi più volte tra brevi pause Tutto è teatro, tutto è messa in scena, tutto è una quinta alla stregua dei personaggi/sagome che stazionano sul ponte della nave. È un universo contratto che non vuole uscire da sé perché non è possibile. La luce del faro gira, percorre, nello strazio, un viaggio indagatore ma l’esplorazione non conduce a niente di nuovo. Del tentativo di uscire non resta che tremore, fatica e frustrazione.
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